La Telecom che verrà

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La Telecom che verrà

La Telecom che verrà

Intervista a Giorgio Serao, Coordinatore Nazionale TLC di FISTeL-CISL

Care Associate ed Associati del CNQ,

con questo intervista proseguiamo i nostri incontri con i rappresentanti nazionali delle Confederazioni Sindacali di categoria insieme ai quali stiamo approfondendo le principali tematiche che in questo momento sono particolarmente rilevanti per Telecom Italia.

Da tempo infatti sono apparse sulla stampa differenti notizie in base alle quali la nostra Azienda pare indirizzare il proprio modello organizzativo verso una focalizzazione di alcune attività precedentemente considerate core business (Rete, Customer Care, IT) ed una successiva societarizzazione delle stesse.

Secondo alcuni analisti finanziari la separazione della Rete di accesso potrebbe addirittura essere l’unica operazione strategica in grado di risollevare lo status economico di TI, alleviando l’onere del debito e garantendo, al contempo, una sufficiente disponibilità di capitali utili ai fini di futuri investimenti tecnologici.

Il nostro Presidente, Mauro Marinez, ha quindi chiesto a Giorgio Serao, Coordinatore Nazionale Telecomunicazioni di FISTel – CISL, un parere su questo delicato argomento, domandandogli se questo modello organizzativo – societario è realmente perseguito da Telecom Italia e se sia industrialmente conveniente ai fini di una evoluzione ed un presidio del mercato delle TLC.

Lo abbiamo poi invitato a rappresentarci quali sono i rischi o le opportunità derivanti da un’organizzazione che vede una Telecom Italia ridotta al governo di attività prevalentemente commerciali ed a capogruppo di differenti società, ognuna delle quali con oggetto ed entità societaria distinta (es. Information Technology, Customer Care, Rete, etc.). In particolare ci siamo soffermati su quali potrebbero essere gli impatti sui lavoratori di TI e delle relative società sottostanti.

 

“Vedi Mauro,

gli ultimi processi di riorganizzazione di Telecom hanno chiaramente indicato che il Gruppo si muove verso una verticalizzazione delle proprie attività.

Telecom ribadisce, sulle richieste di chiarimento del Sindacato, che la societarizzazione/divisonalizzazione non cambia il modello di business e che le attività core (Rete, Customer Care, IT) restano tali per tuto il P.I. anche attraverso la costituzione di Società ad hoc, che focalizzano meglio le attività e permettono una maggiore efficienza.

La Fistel Cisl crede che in questi anni l’organizzazione di Telecom ha permesso di reagire bene alla crisi in presenza di importanti cali dei ricavi, perché Telecom è un azienda integrata e può sviluppare sinergie di costi e di offerte molto più convenienti dei propri concorrenti. Questo modello quindi, permette di presidiare meglio il mercato, avere un’unica direzione di marcia e valorizzare le sinergie tra i vari business per sviluppare nuovi servizi e applicazioni per il mercato.

Le nostre preoccupazioni sul processo di societarizzazione derivano dal fatto che le attività di IT e di Customer Care hanno minori costi sul mercato esterno e si prestano ad operazioni di outsourcing. E’ chiaro a tutti che l’Informatica applicata alle Telecomunicazioni si possa comprare a buon prezzo sul mercato e con competenze eccellenti (vedi le tante consulenze).

Per un grande player come Telecom Italia, che deve avere una vocazione internazionale, questo modello rappresenterebbe una perdita di competitività e di competenze per l’intero Gruppo. Telecom dovrebbe invece valorizzare sempre di più le risorse interne, avviare processi di formazione continua ed internalizzare le attività di alto profilo al fine di ridurre i costi e puntare alla diversificazione dell’offerta con i servizi di IT alle imprese, per incrementare il Business e migliorare il rapporto costi ricavi.

Il Customer Care oggi divisionalizzato (Caring) per la nostra visione è il punto debole della catena delle attività di Telecom Italia. Se dalla divisione si passa alla societarizzazione i rischi di cedere queste attività diventano molto concreti.

La Fistel sarà impegnata in questi prossimi mesi a difendere con tutte le energie possibili il perimetro di Telecom e la buona occupazione, che nel corso della storia dell’Azienda abbiamo saputo realizzare con efficaci accordi sindacali. Per far cambiare idea all’Azienda non basta dire di non essere d’accordo, bisogna anche assumersi delle responsabilità. La razionalizzazione delle attuali sedi periferiche dei Customer Care è una necessità per avviare un percorso di riduzione dei costi che può consentire una diversa e più sostenibile architettura organizzativa e una conseguente difesa dell’occupazione.

Il destino della Rete non dipende solo da Telecom Italia, ma anche dal Governo e dall’Agcom. Il Paese ha comunque bisogno di infrastrutture e di investimenti che da sola Telecom non può garantire. Peraltro il progressivo ridimensionamento del rame (oggi rivalutato con il vectoring) ha fatto temere Telecom sulla possibile svalutazione del valore patrimoniale della propria Rete.

Quindi in questi ultimi mesi abbiamo assistito ad annunci di un possibile scorporo con l’ingresso di Pubblico (CDP) e Privati in una NewCo e altrettante smentite che non aiutano ad avere una chiara politica industriale delle Telecomunicazioni. Le recenti prese di posizione delle autorità europee sulla concorrenza e sulla regolamentazione in merito ai costi di accesso al rame ha allontanato le preoccupazioni dell’Azienda.

La Fistel crede che si possa realizzare una Rete sul modello inglese, funzionalmente indipendente e aperta a tutti gli operatori per consentire la parità di accesso. Il Governo deve farsi carico dei costi sociali per ridurre il Digital Divide e l’Agcom deve regolamentare per favorire la concorrenza e garantire il ritorno degli investimenti in innovazione, Questo è il tema centrale che frena gli investimenti anche da parte del sistema bancario in mancanza di certezze sulla remunerazione del capitale.

Come Organizzazione Sindacale siamo contrari a reti duplicate tante volte annunciate e mai realizzate, perché non ci sono risorse e crediamo che su questo tema deve muoversi anche il prossimo Governo per avviare una politica industriale seria, che possa permettere al Paese di fare il salto digitale e agganciare gli altri Paesi avanzati.

La nostra visione risponde a due esigenze, la prima di carattere industriale, di sviluppo e innovazione perché il Paese ha bisogno di servizi alle imprese e ai cittadini, e la seconda è di politica sindacale, per garantire che Telecom conservi l’attuale architettura sia di business che occupazionale.

Siamo convinti come Fistel che l’uscita della Rete da Telecom, anche se continuasse a mantenerne il controllo, avvierebbe un processo irreversibile di disgregazione che porterebbe alla vendita e alla cessione di alcuni assets e della relativa occupazione.

Su questa ipotesi esprimiamo chiaro e forte la nostra contrarietà e metteremmo in campo tutta la forza sindacale unitaria per scongiurare, anche con l’aiuto della politica, la disgregazione di uno dei maggiori Gruppi industriali del Paese.

Volevamo chiederti Giorgio il tuo parere sui trasferimenti “massicci” di risorse verso strutture ben identificate (CSA) che si sono verificati negli ultimi tempi. Questi trasferimenti sembrerebbero in linea con la re-internalizzazione da parte dell’Azienda (processo auspicato anche dal sindacato) di processi e attività oggi in gran parte esternalizzati. Per quale motivo il sindacato ha invece manifestato la sua contrarietà a questa operazione da parte dell’azienda? E come intende fronteggiare concretamente eventuali nuovi processi di esternalizzazione di risorse / attività verso il CSA od altre strutture organizzative (es. Customer operation)?

“In Telecom si è avviato un piano di ricollocazione del personale dalle aree di staff verso aree operative (187) e verso CSAche il sindacato ha contestato e rigettato come metodo per due ragioni:

  1. azioni unilaterali aziendali nelle individuazione del personale; il sindacato aveva chiesto di condividere i criteri;
  2. mancanza di chiarezza sul futuro delle attività del CSA;

Dove non ci convincessero gli interventi unilaterali aziendali non esiteremmo a consultare gli uffici legali della federazione per verificare la legittimità degli atti.

In questo contesto di riorganizzazione emergono anche molte figure in esubero di 6 – 7 – Q che devono essere tutelate in quanto sono risorse esperte, professionalizzate e ancora utili ai processi di cambiamento aziendale. L’Azienda deve avviare un processo di reinternalizzazione delle attività per aumentare le opportunità di coordinamento, anche perché gli esuberi in queste aree sono stati prodotti dal continuo ricorso all’outsourcing.

La Fistel Cisl è disponibile a confrontarsi anche con l’Area Quadri per identificare percorsi e soluzioni che possano portare ad una gestione condivisa delle criticità occupazionali.

Se nella remota eventualità dovesse andare avanti un percorso di societarizzazione e di smembramento di Telecom avremmo un grande problema sociale:

  1. 1. elevatissimi esuberi;
  2. 2. perdita/ superamento degli accordi aziendali;
  3. 3. probabile perdita del CCNL delle Telecomunicazioni:
  4. 4. ricorso agli ammortizzatori sociali.

Per la Fistel questa resta una ipotesi remota dettata da una violenta contrazione del mercato e una consistente perdita dei ricavi, che allo stato non è prevedibile. Il confronto con Telecom deve aprirsi in tempi rapidi perché abbiamo la necessità di interventi tesi al riposizionamento dell’Azienda sul mercato, a ricercare tutte le soluzioni a difesa del business e dell’occupazione, senza pregiudizi di sorta o conservatorismo isterico.

Il Sindacato e la Fistel faranno tutto quello che è necessario, con il consenso dei lavoratori, magari anche con la partecipazione di che si sente ipergarantito, per difendere diritti, tutele e salario in una fase molto difficile per tutti.

Se non si riuscisse a garantire i lavoratori e a tenere in piedi un Gruppo di livello internazionale come Telecom sarebbe una sconfitta per la politica, l’economia e per il sindacato.”

Perfetto. Grazie mille Giorgio.